Content Creator 4.0: l'evoluzione del lavoro creativo on-line

Immagine illustrata che raffigura una content creator

Viviamo in un’epoca in cui il consumo di contenuti digitali sta crescendo a un ritmo vertiginoso.

Ciò dipende essenzialmente dal fatto che i responsabili media delle aziende stanno puntando su questi mezzi comunicativi per prosperare online, deputando ai creator la loro produzione.

Da questa evoluzione senza precedenti, emerge sempre di più la necessità di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo che i creatori di contenuti ricoprono nella quotidianità delle persone, sia per quanto riguarda il loro rapporto con i media, sia per comprendere meglio in che modo gli inserzionisti possono sfruttare le opportunità offerte dalla Creator Economy.

Da uno studio realizzato da Google in collaborazione con Talk Shoppe, è emerso che l’89% degli inserzionisti reputa come positiva l’opportunità di fare pubblicità all’interno del materiale realizzato dai creator e il 92% concorda rispetto al fatto che questo possa essere inserito nella categoria di contenuti premium.

L’impatto della Creator Economy per gli inserzionisti

Ciò che oggi guida gli investimenti degli inserzionisti nei contenuti prodotti dai creator, è il numero di visualizzazioni (o streams, nel caso dei Podcast).

Può sembrare un concetto banale, ma vale la pena specificarlo perché risponde a una dinamica sempre più presente nel mondo della comunicazione pubblicitaria: ovvero il fatto che l’attenzione del pubblico si sta spostando in maniera sempre più evidente dai media lineari a quelli digitali.

Infatti, se in un primo momento gli accordi tra inserzionisti e content creator rappresentavano un esperimento frutto di una relazione diretta con i creator stessi, oggi è un’evidenza quanto questo tipo di investimento faccia capo a un incremento dell’impatto che simili iniziative hanno in termini di credibilità e ROI (Return on Investment). Dal rivolgersi a un pubblico di nicchia, si è infatti passati a comunicare alle grandi masse.  

Tuttavia vale la pena interrogarsi su cosa porti i responsabili marketing di un brand a scegliere una determinata tipologia di contenuti piuttosto che un’altra, su cui orientare i propri investimenti.

Senza dubbio, la qualità è un driver fondamentale.

Cosa significa “contenuto di qualità”?

A differenza di qualche anno fa, quando i contenuti proposti dai creator erano classificati come “di qualità” in base al quanto fosse sofisticata la loro produzione, oggi il materiale ritenuto qualitativamente più elevato è quello che condensa in sé personalizzazione e coerenza.

Il pubblico, infatti, oggi si sente molto più attratto da quei contenuti che propongono uno storytelling originale, di qualità e altamente personale, oltre che coerente coi valori del brand promosso.

Più che la qualità tecnica di realizzazione, quindi, oggi l’impatto di un contenuto si misura in termini di autenticità.

Questa peculiarità, nel 2024, può essere espressa attraverso una molteplicità di strumenti e canali, che rispondono essenzialmente all’evoluzione tecnologica di cui gli ultimi anni sono stati protagonisti.

I nuovi contenuti digitali

Vale la pena, quindi, stendere una breve panoramica per analizzare in quali categorie si dividano i contenuti prodotti oggi dai creator. Eccone 3, assolutamente da considerare per gli anni a venire.

  • Video brevi: i video di breve durata (non superiori ai 45 secondi) sono particolarmente utilizzati sulle piattaforme social più in voga come Tik Tok e Instagram (a cui YouTube ha recentemente iniziato a “copiare” il formato “Stories” e “Reel”). Si tratta di contenuti destinati, nei prossimi anni, a diffondersi in maniera inarrestabile.
  • Podcast: in particolare i Branded Podcast, rappresentano uno dei content marketing trend in maggiore crescita. Il loro successo è determinato dal fatto che offrono la possibilità di divulgare, al netto di un’ottima capacità di storytelling e di intrattenimento col solo utilizzo della voce, qualsiasi tipo di contenuto in base al bisogno dell’utente. Grazie alla diversificazione dei temi trattati (informazionali, educativi o di intrattenimento), alla capacità di creare comunità e al fatto di sfruttare il crescente successo delle piattaforme di streaming, i podcast sono passati in poco tempo da fenomeno di nicchia a contenuti estremamente “pop”.
  • Live video: durante il periodo legato alle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, si sono enormemente diffusi i contenuti legati al Professional Streaming. Dai webinar (molto utilizzati in ambito B2B attraverso Zoom o Google Meet), alle dirette social, fino alle “Live” che hanno visto un’ampia diffusione su piattaforme dedicate come Twitch, sono stati sempre di più i marketers che hanno diretto i propri investimenti sui live video. Il loro successo è stato riscontrato anche in ambito B2C, dove dal 2020 continuano ad essere moltissimi gli influencer che si impossessano dei social dell’azienda in “modalità takeover” trasmettendo in diretta e rispondendo in prima persona agli utenti.

Il segreto è restringere il pubblico

Può sembrare strano, ma una delle tendenze che oggi si rileva maggiormente quando si parla di creazione di contenuti digitali, è legata all’esigenza di tornare a rivolgersi a una nicchia.

Oggi la proposta commerciale si dipana in un contesto in cui l’offerta è massiccia, diversificata e soprattutto caratterizzata da un sovraccarico d’informazione che confonde e toglie attrattività al prodotto.

Si impone, quindi, la necessità di una produzione di contenuti estremamente personalizzata (ne abbiamo già parlato in precedenza) che risponda a un tono di voce definito e a un ben preciso sistema di valori.

Solo in questo modo le persone potranno tornare a identificarsi con un’azienda, orientando le proprie scelte in maniera più sicura, consapevole e riscoprendo così un nuovo senso di piacevolezza nel processo d’acquisto.

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